
Oggi in Tunisia è festa grande.
Si chiama Aïd al-Adha ed è una delle ricorrenze più importanti per il mondo musulmano. La chiamano anche Festa del Sacrificio, perché ricorda il gesto del profeta Abramo, pronto a sacrificare suo figlio per obbedienza a Dio.
Ma al di là del significato religioso, l’Aïd – da dentro – è un evento complesso, profondo, spesso difficile da spiegare a chi non ci è mai passato in mezzo.
Vivo in Tunisia da diversi anni. Sono italiana, non musulmana, ma ogni anno questa festa mi attraversa. Per forza.
I negozi chiudono, i taxi scompaiono, il silenzio cambia forma. E poi arriva l’odore.
Sì, perché uno degli elementi centrali dell’Aïd è il sacrificio del montone, che viene cucinato ovunque, per giorni. È una tradizione che può spiazzare, ma che ha un senso molto forte per chi la vive con fede e consapevolezza.
Nel tempo ho imparato a non giudicare, ma ad osservare.
Perché durante l’Aïd, le famiglie si riuniscono, si aiutano, si donano cibo a vicenda, e si ricordano dei meno fortunati.
E anche se per chi viene da fuori può sembrare un giorno “forte”, in realtà è un momento di appartenenza, in cui ogni tunisino sa esattamente dov’è, con chi è, e cosa fare.
Io non partecipo alla parte religiosa, ma rispetto profondamente ciò che rappresenta.
E ogni anno, l’Aïd mi ricorda che vivere all’estero non è solo spiagge, couscous e mercatini.
È anche confrontarsi con abitudini lontane, con ritmi diversi, e con una cultura che – se ti fermi ad ascoltarla – ha sempre qualcosa da insegnarti.